Renzi, annunci e riforme: cos’ha fatto il governo per estirpare il malaffare?
Giornalista e autrice
A parte essere andato in tv a difendere il “galantuomo” Poletti (che da presidente della Legacoop non ha vigilato sulle coop di Buzzi e non si è accorto della crescita esponenziale del loro fatturato) e l’ex capo del Pd romano Cosentino, ora rimosso, definito “persona seria” (lo stesso che Buzzi, intercettato con Carminati, dice di aver sostenuto con 80 voti alle primarie perché “è proprio amico nostro”), Renzi ha approvato venerdì in consiglio dei ministri – giusto in tempo per oscurare mediaticamente lo sciopero generale di Cgil e Uil – una serie di misure anticorruzione. Il famoso “Daspo per i politici corrotti” evocato dal premier all’indomani dello scandalo Expo? Non ce n’è traccia. Dietro alle parole roboanti (“inasprimento delle pene”, ma solo per la corruzione propria e non per quella in atti giudiziari né per la concussione; “allungamento della prescrizione”, “confische più facili per chi ha rubato”; “restituzione del malloppo”), c’è solo un emendamento al ddl di riforma del processo penale, annunciato ad agosto e non ancora presentato in Parlamento. Vale a dire (come ha spiegato benissimo Travaglio): tempi di approvazione lunghissimi, se mai arriveranno, visto che il Ncd, di allungare la prescrizione, non ne vuole sapere. Ennesima riprova del modus operandi renziano: l’urgenza non vale per i provvedimenti concreti (se no avrebbe fatto un decreto legge), ma solo per gli annunci.
- Se cercate nel sito “Passodopopasso-Mille giorni per cambiare l’Italia” le parole “mafia” o “criminalità organizzata”, vi compare la scritta “la ricerca non ha prodotto risultati”. Già questo è significativo…
- Ad aprile è stata approvata la legge sul voto di scambio politico-mafioso (416 ter), con una riduzione delle pene da 7-12 anni a 4-10. Come ha detto il Procuratore di Reggio Calabria Gratteri: “Pene troppo lievi rispetto alla gravità dei fatti”.
- Autoriciclaggio: a marzo Renzi promise a Saviano che sarebbe stato introdotto nel codice penale con “assoluta urgenza”, ma – ribadisco – l’urgenza renziana riguarda più gli annunci della realtà. Per cui è stato tolto dalla riforma della giustizia e infilato nel ddl sul rientro dei capitali, e solo adesso ha avuto l’ok alla Camera e al Senato. Peccato che preveda la punibilità solo per chi reinveste i proventi illegali in attività economiche e non per chi li usa per “godimento personale” (tipo le auto, case, o quadri di Pollock e Warhol sequestrati a Carminati).
- Lotta all’evasione fiscale: la soglia di punibilità penale per la dichiarazione infedele è stata quadruplicata dai 50.000 euro di Tremonti (per cui oggi si rischia da 1 a 3 anni di carcere) ad addirittura 200.000 euro. Certo che per riuscire a trasformare il “papà dei condoni” in un vampiro del Fisco ce ne vuole…
- Nel famoso decreto sugli 80 euro in busta paga sono stati infilati 100 milioni per l’Eur spa, per pagare imprese e fornitori. Perché non dare quei soldi direttamente alle imprese (come aveva proposto il M5S), invece di passare attraverso una società il cui ex ad Riccardo Mancini già nel 2013 era stato rinviato a giudizio per una presunta tangente a sei zeri e ora è stato riarrestato nell’ambito di Mafia Capitale (secondo il più classico dei proverbi “il lupo perde il pelo ma non il vizio”)?
- La Legge di Stabilità prevede un taglio – piccolo ma emblematico – di 100mila euro per gli anni 2015/16/17 proprio all’Autorità Nazionale Anticorruzione di Cantone, che dovrebbe fare pulizia anche a Roma. Dove vai a tagliare per sconfiggere il cancro? Ma alla ricerca!
- Dulcis in fundo: il Pd che vuole dare un segnale forte, che – ha promesso Renzi – “non fa sconti a nessuno”, cos’ha fatto in queste ore in Parlamento? Ha salvato (insieme a Fi, Ncd e alla moralizzatrice Lega) l’ex senatore del Pd Papania (coinvolto in varie inchieste per corruzione e voto di scambio) e il Presidente della Commissione Bilancio del Senato del Ncd Azzollini (indagato per associazione a delinquere), negando l’uso delle intercettazioni richiesto dalle Procure. Se non si fa pulizia in Parlamento, figuriamoci nel Paese.
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