La grande abbuffata #mafiacapitale
Immagine: a destra Gianni Alemanno di spalle. Di fronte Poletti e Panzironi. In fondo i Marrone e Ozzimo
Questa foto ha fatto il giro del web: la cena dei pezzi grossi, la cena delle beffe ai cittadini.
Eppure, sapete chi è il pezzo più “grosso” nell’immagine?
Quello defilato, quello meno azzimato, quello sconosciuto: il grassone con la maglietta blu.
E’ un esponente del clan rom Casamonica, cognome conosciutissimo in tutta Roma e che a Roma ha in mano le redini del potere occulto da decenni. Dal racket della prostituzione allo spaccio di droga, dalle scommesse al riciclaggio. E legami con la politica, con l’economia, con i costruttori, col giro dei rifiuti, si sussurra persino col vaticano.
Clan rom, abbiamo detto, ma non immaginatevi Mercedes fra le roulotte di un campo di periferia: i Casamonica vivono in attici di lusso con vista cupole, ogni tanto gliene sequestrano uno ma hanno sempre i soldi per ricomprarselo.
Nei campi di periferia, tra monnezza e degrado, vive invece quello che è il business: i rom poveri, che insieme agli immigrati e ai rifugiati sono diventati una fonte di quattrini “meglio della droga”. Quindi ci si sono buttati tutti.
Come funziona allora il meccanismo?
IN TV, esponenti della sinistra invocano ”accoglienza”, affinché tutti coloro che approdano siano accolti a braccia aperte: più ne arrivano, più i campi e centri si riempiono, più appalti e soldi piovono sulle loro coop. Gli esponenti della destra, invece, tuonano “fora dai ball” ma non muovono un dito per rivedere i trattati internazionali: se chi arriva è costretto a restare qui, rinchiuso da qualche parte, ecco di nuovo appalti e soldi per costruire e gestire centri e manodopera a basso prezzo per i caporali.
Il business viene equamente spartito tra santarellini e celoduristi, un po’ per uno. Ci costa fino a 2 milioni di euro l’anno un centro di accoglienza, ad esempio, e i cittadini nel 2013 hanno speso ben 24 milioni per i 7 campi rom della Capitale. Soldi spariti.
Intanto, clan e racket operano sui territori. Il grassone in blu, sappiatelo, non sembra ma è anche un “influencer”: procura consenso, distribuisce prebende, rileva esercizi commerciali, controlla appalti, elargisce mazzette, minaccia e promette. Persino i giornali sono ai suoi ordini. Tutti si scappellano davanti a lui, specialmente certi miserabili politici che non paghi di lauti stipendi si vendono per altri mille pidocchiosi euro e il taglio del prato di casa.
Quando il M5S parla di cosche, parla di collusione, parla di mafia a tutti i livelli e in tutti i partiti viene deriso. Chissà perché. Alla stampa, ai partiti, rispondiamo: ride bene chi ride ultimo.
Salutatece Regina Coeli.
Eppure, sapete chi è il pezzo più “grosso” nell’immagine?
Quello defilato, quello meno azzimato, quello sconosciuto: il grassone con la maglietta blu.
E’ un esponente del clan rom Casamonica, cognome conosciutissimo in tutta Roma e che a Roma ha in mano le redini del potere occulto da decenni. Dal racket della prostituzione allo spaccio di droga, dalle scommesse al riciclaggio. E legami con la politica, con l’economia, con i costruttori, col giro dei rifiuti, si sussurra persino col vaticano.
Clan rom, abbiamo detto, ma non immaginatevi Mercedes fra le roulotte di un campo di periferia: i Casamonica vivono in attici di lusso con vista cupole, ogni tanto gliene sequestrano uno ma hanno sempre i soldi per ricomprarselo.
Nei campi di periferia, tra monnezza e degrado, vive invece quello che è il business: i rom poveri, che insieme agli immigrati e ai rifugiati sono diventati una fonte di quattrini “meglio della droga”. Quindi ci si sono buttati tutti.
Come funziona allora il meccanismo?
IN TV, esponenti della sinistra invocano ”accoglienza”, affinché tutti coloro che approdano siano accolti a braccia aperte: più ne arrivano, più i campi e centri si riempiono, più appalti e soldi piovono sulle loro coop. Gli esponenti della destra, invece, tuonano “fora dai ball” ma non muovono un dito per rivedere i trattati internazionali: se chi arriva è costretto a restare qui, rinchiuso da qualche parte, ecco di nuovo appalti e soldi per costruire e gestire centri e manodopera a basso prezzo per i caporali.
Il business viene equamente spartito tra santarellini e celoduristi, un po’ per uno. Ci costa fino a 2 milioni di euro l’anno un centro di accoglienza, ad esempio, e i cittadini nel 2013 hanno speso ben 24 milioni per i 7 campi rom della Capitale. Soldi spariti.
Intanto, clan e racket operano sui territori. Il grassone in blu, sappiatelo, non sembra ma è anche un “influencer”: procura consenso, distribuisce prebende, rileva esercizi commerciali, controlla appalti, elargisce mazzette, minaccia e promette. Persino i giornali sono ai suoi ordini. Tutti si scappellano davanti a lui, specialmente certi miserabili politici che non paghi di lauti stipendi si vendono per altri mille pidocchiosi euro e il taglio del prato di casa.
Quando il M5S parla di cosche, parla di collusione, parla di mafia a tutti i livelli e in tutti i partiti viene deriso. Chissà perché. Alla stampa, ai partiti, rispondiamo: ride bene chi ride ultimo.
Salutatece Regina Coeli.
Beppegrillo.it
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