mercoledì 27 giugno 2018

Il riciclo non basta


Riciclare la plastica non basta per contrastare l’inquinamento, né salverà i mari del Pianeta. Colpa di una produzione in vertiginosa crescita su scala globale, di contro, solo il 9% di tutta la plastica prodotta viene correttamente riciclata. L’Italia è al secondo posto in Europa, per plastica prodotta, il 40 per cento della quale viene impiegata per produrre imballaggi. L’unica possibilità per intervenire in modo risolutivo è quella di ridurre, drasticamente e con urgenza, l’immissione sul mercato di imballaggi in plastica usa e getta.
Le grandi aziende che continuano a fare profitti con la plastica usa e getta sanno benissimo che è impossibile riciclarla tutta, ma continuano a produrne sempre di più.
Nonostante in Italia il tasso di riciclo degli imballaggi sia cresciuto negli ultimi anni, passando dal 38% del 2014 al 43% del 2017, non è riuscito a bilanciare l’aumento del consumo di plastica monouso. Le tonnellate di imballaggi non riciclati, infatti, sono rimaste sostanzialmente invariate dal 2014 (1,292 milioni di tonnellate) al 2017 (1,284 milioni di tonnellate) vanificando, di fatto, gli sforzi e gli investimenti per migliorare e rendere più efficiente il sistema del riciclo. Oggi in Italia, di tutti gli imballaggi in plastica immessi al consumo, solo poco più di 4 su 10 vengono effettivamente riciclati, 4 invece vengono bruciati negli inceneritori e i restanti immessi in discarica o dispersi nell’ambiente.


Anche il recente bando cinese per l’importazione di rifiuti in plastica potrebbe incidere negativamente sul tasso di riciclo degli imballaggi nel nostro Paese. È possibile immaginare un incremento del tasso di riciclo degli imballaggi in plastica nei prossimi decenni a causa del consolidamento di meccanismi come la Responsabilità estesa del produttore, i crescenti impegni da parte delle aziende ad introdurre plastica riciclata negli imballaggi e la possibile introduzione di sistemi di deposito su cauzione.
I dati evidenziano che l’unica possibilità per intervenire in modo risolutivo è ridurre la plastica monouso, riprogettando gli imballaggi nella direzione della durevolezza e del riutilizzo prima ancora della riciclabilità.

Estratto da: "Il Fatto Quotidiano"

martedì 26 giugno 2018

L’analfabetismo digitale in Europa: “Diamo i numeri”.


L’Italia è in fondo alla classifica, il 34% degli italiani non ha mai usato Internet, è questo uno dei dati che emerge dalle ultimi indagini di Eurostat in tema di banda larga e alfabetizzazione digitale.
In media, nei 28 paesi dell’Ue, è il 79% delle famiglie ad avere accesso a internet. Di loro, il 76% dispone della banda larga e anche qui l’Italia si posiziona al di sotto della media europea, registrando il 69% delle famiglie connesse. Stesso risultato se si osserva l’uso quotidiano della rete. Solo il 54% degli italiani dichiara di usare internet ogni giorno, a fronte di una media europea del 62%. Male anche per quanto riguarda il rapporto tra istituzioni e privati: solo il 21% dichiara di usare i servizi digitali offerti dalla pubblica amministrazione, a fronte di una media europea pari al 41%.


L’Italia non va meglio in termini di velocità di banda, dove totalizza in media una velocità di 4.9 Mbps (megabit per secondo). Paesi Bassi, Svizzera e Repubblica Ceca dominano la classifica con una velocità superiore agli 11 Mpbs. Al di sotto dell’Italia compare solo la Turchia, con 4 Mbps.
Ma se nel contesto europeo l’Italia rimane in fondo alla classifica, all’interno della Penisola la realtà cambia di regione in regione. Internet , secondo quanto rileva l’Istat, è disponibile nel 63,3% delle famiglie del Centro-Nord e solo nel 55,1% delle famiglie residenti nelle regioni del Sud e nel 54,7% delle Isole. Permangono anche le differenza di genere, naviga il 60,2% degli uomini e il 49,7% delle donne.
E se in Italia internet arranca, la tv va a gonfie vele. Secondo le elaborazioni dei dati Ocse a cura del centro di ricerca Observa, aumentano le ore di consumo televisivo giornaliero. Nel 2002 le famiglie italiane trascorrevano in media 3,8 ore al giorno davanti alla televisione. Nel 2011 sono diventate 4,2.

lunedì 25 giugno 2018

Blocco delle importazioni di rifiuti da parte della Cina


Il blocco delle importazioni di rifiuti di plastica non industriali in Cina, in vigore dal 1 gennaio 2018, avrà un impatto globale. Morale: a causa del bando cinese si dovrà trovare una sistemazione per 122 milioni di tonnellate di plastica entro il 2030. Dal 1993 le importazioni e le esportazioni annuali globali di rifiuti di plastica sono salite alle stelle, con una crescita di circa l’800% nel 2016, mentre solo il 9% di tutta la plastica prodotta è stata riciclata, la maggior parte è finita nelle discariche o nell’ambiente naturale.
Dal 1992 la Cina ha importato oltre 116 milioni di tonnellate di bottiglie, contenitori per il cibo e buste di plastica, quasi la metà delle importazioni mondiali. Di qui, la decisione di vietare l’importazione di 24 tipologie di materiali da riciclare: plastica riciclabile, residui tessili, carta straccia di qualità inferiore e altri materiali. Una vera e propria campagna contro la spazzatura straniera, un mercato stimato nel 2016 in 17 miliardi di dollari, soprattutto da Europa e Usa. Una decisione a cui si è arrivati, anche perché molti rifiuti non venivano riciclati, a causa di inefficienze del sistema o perché fortemente contaminati da altri materiali, finendo così nell’ambiente, già fortemente inquinato.


L’Italia esporta circa il 12% della sua plastica in Cina, ma il vero problema è un altro. Nella lista nera dei materiali che non si possono più esportare in Cina, infatti, c’è anche una tipologia di carta da macero. Prima del blocco cinese esportavamo un terzo del nostro macero e lo importavamo nuovamente sotto forma di cartone per imballaggi e carta grafica. Tradotto in numeri: nel 2016 abbiamo esportato 1,9 milioni di tonnellate delle 6,5 totali di carta e cartone raccolti e il 54% è andato in Cina. L’Italia, ad oggi, non è in grado di trasformare tali quantità. Di questa enorme mole, oltre la metà era destinata a Pechino. I materiali si stanno continuando ad accumulare presso gli impianti di recupero, ormai vicini alle capacità di stoccaggio massime.
Da: "Il Fatto Quotidiano"

martedì 20 febbraio 2018

ANCORA SUI FURBETTI DI CUI NESSUNO PARLA

In questi giorni dove impazza la caccia al Grillino " diversamente onesto" che non ha restituito parte dei suoi legittimi soldi al fondo per lo sviluppo delle microimprese, e per il quale, è bene ricordare, provvedimenti di sospensione sono stati immediatamente intrapresi dallo stesso MoVimento, un giornale moderato come il Sole 24 ORE pubblica un servizio sui mancati rimborsi dei danni erariali commessi dai dipendenti e amministratori pubblici nei confronti della Pubblica Amministrazione. Vale a dire nei confronti di tutti noi cittadini.
In questo servizio viene certificato, dai dati della Corte dei Conti, che a fronte di danni erariali certificati e inconfutabili per condanne definitive pronunciate dalla medesima Corte nei confronti dei dipendenti pubblici per 1.690 milioni di EURO, soltanto 272 milioni in cinque anni, sono stati risarciti dai Furbetti pubblici, per il semplice motivo che la riscossione viene demandata allo stesso settore pubblico e quindi ai colleghi di coloro i quali hanno realizzato i vari ammanchi. Questo è uno degli effetti perversi della cosiddetta riforma Madia, quella, per intenderci, che avrebbe dovuto mandare a casa licenziandoli in 30 giorni, i furbetti della cosa pubblica. Allego l'articolo invitando i volenterosi a una buona lettura e opportuna riflessione.